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Caduti

del mare

 

 

 

12 maggio 1967

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

IV  L E G I S L A T U R A

623a SEDUTA PUBBLICA

Resoconto stenografico

 

 

Motopeschereccio

"Pinguino":

dopo un anno

ancora polemiche

 

 

 

Svolgimento di interrogazioni e di interpellanza

F A B R E T T I - Al Ministro della marina mercantile.

L'interrogante, considerato lo stato di fondato malcontento più che mai esistente tra i famigliari delle vittime del peschereccio “Pinguino” e l'intera marineria da pesca per il tardivo ed inadeguato intervento dei competenti Ministeri per appurare le eventuali responsabilità del naufragio e per il recupero delle salme e dello scafo., chiede di conoscere con urgenza:

1) l'esito dell'ispezione compiuta dal personale specializzato inviato su luogo ove giace il relitto del «Pinguino», il 10 maggio 1966, in accorda con il Ministero della difesa, ed in modo specifico sullo stato dello scafo del natante e sulle eventuali lesioni riscontrate e sul recupero delle salme e dello scafo;

2) il contenuto del verbale dell'ultimo controllo allo scafo del «Pinguino» eseguito a Formia (Gaeta) nell'ottobre 1965, dai funzionari del Registro navale italiano.

(1311).

P R E S I D E N T E. L'Onorevole Sottosegretario di Stato per la marina mercantile ha facoltà di rispondere a questa interrogazione.

M A R T I N E Z -  Sottosegretario di Stato per la marina mercantile.

Onorevole Presidente, Onorevoli colleghi, come è noto, nella notte tra il 19 e 20 febbraio 1966 al largo delle coste della Mauritania naufragò il motopeschereccio «Pinguino», matricola 106 di Ancona. Esso era stato costruito nel 1958 in scafo di acciaio, era munito di motore Ansaldo diesel, cavalli asse 300; stazzava 160,19 tonnellate di stazza lorda. Circa le modalità del sinistro, faccio presente che l'onorevole interrogante è stato informato in data 23 maggio 1966 dal Ministro della marina mercantile che fornì adeguate risposte alla sua interrogazione n. 4351. Per quanto concerne, poi, le richieste formulate con l'interrogazione alla quale si risponde, faccio presente che, com'è noto, il Ministero della difesa ha inviato sul luogo del sinistro una squadra di sommozzatori della Marina militare. Essa ha esaminato lo scafo rilevando quanto segue: il relitto non presenta alcuna falla o danno sulla fiancata sinistra e, per quanto possibile osservare, su quella destra. Le sovrastrutture di prora,del centro nave e di poppa fino alla sezione comprendente gli alberi poppieri sono integre; manca il coperchio del portellone delle stive; alcuni oblò della timoniera. malgrado il rilevante spessore dei vetri, sono rotti; il battello di legno è al suo posto, rizzato sulle selle, con le casse d'aria allagate, verosimilmente per effetto della pressione; sull'albero di prora sono alzate alcune reti; l'estrema poppa è del tutto devastata. Risultano mancanti il timone e l’elica. Le lamiere laterali dello scafo e la coperta sono fortemente contorte e rivolte verso l'esterno. Non esiste più la paratia poppiera del locale macchina; il motore è fuori dello scafo ad alcuni metri di distanza da esso, adagiato sul fondo; il locale macchina ed il locale equipaggio formano in pratica un tutt'uno irriconoscibile, in quanto svuotati di sistemazioni, apparecchiature eccetera. In esito a tale esame obiettivo, è da ritenere che il sinistro fu probabilmente causato da una esplosione di entità considerevole verificatasi all'interno dello scalfo nella zona poppiera. Sebbene non sia possibile formulare alcuna ipotesi sulla causa di tale esplosione e sulla sua natura, la presunzione che la grande falla e l'affondamento del motopeschereccio siano stati originati da esplosione dipende anche dalla constatazione che il «Pinguino» non lanciò alcun segnale di soccorso via radio alle decine di motopescherecci italiani in ascolto. Inoltre, gli oblò della timoniera rotti e la presenza in essa di un membro dell'equipaggio morto testimoniano la violenza e la istantaneità del sinistro. Pertanto, è da ritenersi che l'affondamento non fu dovuto a collisione con altra nave o ad urto sul fondo, nè ad ingavonamento durante il rimorchio della rete, ma ad una improvvisa ed ingente esplosione a bordo che provocò la grande falla a poppa e devastò totalmente i locali macchina, i locali equipaggi, i camerini ed, in misura minore, altre parti interne della nave. Allo stato dei dati acquisiti non è possibile formulare alcuna ipotesi certa sulla origine della esplosione, per cui non è consentito accertare alcuna responsabilità sulle cause del sinistro. Per quanto riguarda il recupero delle rimanenti salme, la ricerca è stata effettuata dai sommozzatori della Marina militare durante le operazioni di ispezione allo scafo. È stata, purtroppo, ritrovata una sola salma, successivamente identificata per quella del comandante del «Pinguino» Alberto Palestini. Circa il recupero del relitto, informo l’onorevole interrogante che non rientra nei compiti di questo Ministero effettuarlo. In ordine al punto secondo dell'interrogazione, circa « il contenuto del verbale dell'ultimo controllo allo scafo del "Pinguino" eseguito a Formia (Gaeta) nell'ottobre 1965, dai funzionari del registro navale italiano», preciso che le ultime visite sono state effettuate a Ceuta (Marocco) in data 7 agosto 1965 per la carena e 14 ottobre 1965 per l'apparato motore dal signor Eliseo Gomez Incera, perito del RINA. Da dette visite è risultato che il peschereccio era in buone condizioni di navigabilità. Tuttavia, ho a disposizione dell'onorevole interrogante copia di detti certificati, provenienti dall'ultima ispezione eseguita a Ceuta dal signor Eliseo Gomez Incera, nel caso li volesse.

P R E S I D E N T E. Il senatore Fabretti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

F A B R E T T I. Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, onorevoli colleghi, io debbo da un lato ringraziare il Sottosegretario, onorevole Martinez, per la sua risposta, ma, da un altro lato, debbo anche far rilevare allo stesso onorevole Sottosegretario che la sua risposta ricalca, quasi integralmente, il contenuto di una risposta analoga ad una interrogazione con richiesta di risposta scritta che mi è stata fatta pervenire il 23 febbraio 1967. Ebbene, sia il documento scritto, sia la replica orale di questa mattina, a nostro avviso non fugano in modo assoluto le preoccupazioni e le perplessità che sono legate alla tragedia del «Pinguino». Si afferma che, dalle ispezioni fatte sul luogo, risulterebbe che il sinistro sia stato causato da una esplosione di notevolissima entità avvenuta all'interno della nave. Quella era una nave, come lo stesso Sottosegretario mette in evidenza nell'illustrarne le caratteristiche, che aveva un apparato motore con motori a nafta. Pertanto, è da escludere una esplosione dovuta all'apparato motore, perchè non siamo di fronte ad un motore a caldaia. La pesca non richiede il trasporto di esplosivi. Siccome però questa esplosione è stata documentata dalla perizia e dal sopralluogo fatto dai sommozzatori, vi è da ritenere che qualche cosa di anormale esistesse su quella nave. Trovano quindi credito le voci che circolano negli ambienti di San Benedetto del Tronto e di Ancona, concernenti la possibilità che la nave fosse adibita a trasporto di cose diverse da oggetti inerenti alla pesca vera e propria. Non va, infatti, dimenticato che in quei giorni avvenivano i fatti piuttosto gravi di Mauritania, per cui vi sono fondati sospetti che la nave fosse adibita al trasporto clandestino di oggetti che nulla hanno a che vedere con la pesca. Per quanto concerne la regolarità dello stato dello scafo e della nave, io ho avuto notizia e insisto che un sopralluogo era stato fatto anche a Gaeta. L' onorevole Sottosegretario smentisce. Io prenderò visione del verbale, ma anche qui, tra le cose che ci vengono riferite e le dichiarazioni dell’Onorevole Sottosegretario, non viene fugato neppure il sospetto che lo scafo della nave non fosse ormai più idoneo a tenere il mare o ad essere adibito a quel tipo di pesca. Comunque, a parte queste osservazioni sulla fondatezza delle informazioni su questo tragico episodio del mare, credo che le considerazioni critiche che abbiamo mosso in altra sede restino tuttora valide. Riteniamo che si sia agito con un ritardo assolutamente ingiustificato e questo accredita il sospetto di fatti anormali. L'episodio è avvenuto nella notte tra il 19 e il 20 febbraio 1966, ma il Governa ha mandato sul luogo una squadra nel maggio, ossia tre mesi e mezzo o quattro dopo; nello scafo vi erano ben 12 salme dei marinai che morirono nell’evento. Si ha quindi il sospetto che si sia voluto ritardare il sopralluogo per rendere impossibile lo svolgimento di una inchiesta seria e quindi dare sfogo ai dolori che la tragedia ha provocato.

Comunque, a parte la volontà o meno, ci pare che da questa tragedia del mare vengano fuori dei fatti molto seri: intanto, che il Ministero della marina mercantile e i Ministeri connessi non sono attrezzati. E se non c'è stata una volontà ritardatrice, è vero però che non si è intervenuti nè tempestivamente nè con mezzi adeguati; il che vuol dire che per questi problemi delle tragedie marinare il Governo, e il Ministero della marina mercantile in particolare, non sono attrezzati per intervenire subito e per provvedere a ciò che loro compete e, per lo meno, per dare la possibilità di sepoltura ai morti uccisi dal mare. Questo è un fatto sul quale richiamo l'attenzione del Parlamento e del Governo. Io credo che, se quella nave fosse appartenuta a qualunque altra marina, molto meno attrezzata, con una storia molto meno gloriosa della nostra, di un Paese assai più piccolo del nostro, l'intervento sarebbe stato più tempestivo, con mezzi più adeguati. Siccome la nave giaceva sul fondo di appena venti metri, credo che nessuno sarà convinto che sarebbe stato impossibile il recupero della nave e delle salme. Con il recupero della nave non solo si adempiva ad un'opera di pietà, ma si sarebbe potuto assodare quali furono le cause del sinistro. Da questo episodio, credo che derivi l'impegno per il Governo a provvedere a questa mancanza di attrezzature affinchè fatti di questo genere non debbano più suscitare commozione e protesta, come nel caso del « Pinguino ».

Ad Ancona si dice, attraverso notizie di stampa, che sarebbe stata costituita una Commissione d'inchiesta per appurare i fatti, promossa nell'ambito della Camera di Commercio, per i problemi marinari, che sarebbe presieduta dal comandante del porto di Ancona. Non so quale efficacia una Commissione siffatta potrà avere a 15 mesi di distanza, quali risultati potrà assodare di fronte a tutto ciò che ci ha detto in questi 15 mesi il Governo; non so se potrà fare qualcosa di più del Governo. Comunque non sarebbe stato bene approvarla tempestivamente e che di questa Commissione d'inchiesta facessero parte i rappresentanti, seppur delegati, dei marittimi che sono deceduti i quali ancora insistono perchè hanno ancora la convinzione che questa tragedia non sia avvenuta casualmente, per un fatto accidentale, ma per un uso diverso della nave. Inoltre, credo che emerga un altro aspetto sul quale richiama l'attenzione del Governo, il suo impegno e quello del Parlamento: i marinai sono privi di una forma di assicurazione che, in caso di sinistro mortale, almeno sul piano economico, dia alla famiglia una condizione, un trattamento che possa, per un certo periodo, fugare le conseguenze economiche che la tragedia, la morte in mare provoca nei superstiti. Se non si può evitare il dramma del mare, la perdita di vite umane, almeno si assicuri ai superstiti, alle famiglie, alle mogli, ai figli un compenso economico che garantisca loro un modo di vivere civile e non si debba, come in questo caso, per poter dare un modestissimo indennizzo di poche decine di migliaia di lire, per chi muore in mare, assistere allo spettacolo, certamente non edificante, di sottoscrizioni popolari, per venire incontro, per aiutare le famiglie dei marinai caduti nella tragedia del «Pinguino». Su tutto questo richiamo l'attenzione del Governo, sia per l'attrezzatura, sia per un sistema di assicurazione che metta tutti i marinai italiani in condizioni di avere una assicurazione decente.

 

 

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